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La Storia del Borgo

Alcuni reperti archeologici risalenti alla civiltà di Golasecca tra il IX e il VII secolo aC indicano che Borgo Ticino è stata abitata fin dalla preistoria. Questi reperti sono stati trovati tra Borgo Ticino e Castelletto, vicino alla Chiesa della Madonna delle Grazie. In epoca romana fu un castrum romano (dove oggi c’è l ‘area di Gagnago) che era parte del municipio di Plumbea (Pombia). Borgo Ticino fu fondata intorno al 1190 per volere della città di Novara, che costruì il villaggio per spostare le persone da Lupiate. Inizialmente, il nome dato al nuovo villaggio fu Borgo di Lupiate e nella seconda metà del XIII secolo, il nome cambiò in Borgo Ticino. Tra il secolo XIII e XIV il nuovo villaggio acquisì una certa importanza per il suo artigianato, in particolare grazie alle corporazioni di calzolai e fabbri. Nel XV secolo Borgo Ticino fece parte del dominio del duca di Milano e fu dato in feudo prima ai Visconti e dopo ai Borromeo, che lo possederono fino al XVIII secolo.

XIX Secolo e Seconda Guerra Mondiale

Nel corso del XIX secolo, Borgo Ticino raggiunse il suo apice nella produzione tessile (filatura, la pittura, il cotone e fustagno) sia per l’aumento del commercio che per la costruzione della ferrovia Novara-Arona. Borgo Ticino divenne la sede di pretura , del tribunale di giudicatura e dell’ufficio delle Regie Gabelle. Durante la seconda guerra mondiale i boschi che circondano Borgo Ticino diventarono un nascondiglio per le brigate partigiane che operavano nella zona. Gli abitanti di Borgo Ticino furono coinvolti nel sostenere i partigiani e quindi sottoposti a rappresaglie nazi-fasciste contro i ribelli.

Il massacro

La Domenica 13 agosto 1944 in occasione dei festeggiamenti del santo patrono della città, entrarono in paese i camion di soldati delle SS naziste comandate dal capitano di marina Valdemar Krumhaar e soldati della X Mas guidati dal tenente Ongarillo Ungarelli. I soldati armati di mortai, mitragliatrici e armi automatiche bloccarono il paese, entrarono nelle case costringendo gli abitanti, per lo più donne, bambini e anziani a riunirsi nella piazza principale del paese , che ora si chiama “Piazza dei Martiri”.

Quella mattina un convoglio tedesco era stato attaccato dai partigiani in località San Michele, tra Borgo Ticino e Divignano. Durante gli scontri rimasero feriti quattro soldati tedeschi. A quel tempo, la legge richiedeva che per ogni soldato tedesco ucciso venissero giustiziati dieci italiani. Anche se in questo attacco non furono uccisi soldati tedeschi, il capitano Krumhaar decise che per ogni soldato tedesco ferito dovevano essere uccisi tre giovani italiani, più uno, dal momento che uno dei soldati tedeschi feriti era in una grave condizioni. Tredici giovani terrorizzati, tutti sotto i trent’anni furono scelti a caso dalla folla.

I ragazzi furono allineati contro il muro di Casa Balsari , a lato dell’antica farmacia. Per non sparare ai giovani e incendiare il villaggio, capitano Krumhaar richiese 300.000 lire di riscatto. Nonostante gli abitanti del villaggio avessero pagato il riscatto, il plotone di esecuzione sparò ai giovani allineati al muro (nel corso di una inchiesta sul massacro l’ufficiale tedesco responsabile per l’esecuzione disse che comunque “il denaro raccolto non sarebbe stato sufficiente a compensare il sangue tedesco”). Solo una delle tredici vittime sopravvisse alla sparatoria. I ragazzi si chiamavano: Virginio Tognoli, Francesco Tosi, Nicola Narciso, Giovanni Fanchini, Cerutti Franco, Benito Pizzamiglio, Alberto Lucchetta, Luigi Ciceri, Rinaldo Gattoni, Ande Silvestri, Olimpio Parachini, Giuseppe Meringi.

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